sexta-feira, 25 de setembro de 2009

Agire come Gesù, non importa l'appartenenza - Mc.9,38-43.45.47-48


Non sempre abbiamo l'abitudine di fare una adeguata distinzione tra religione e fede. Spesse volte le identifichiamo. Tuttavia, la fede può sussistere e alimentarsi anche fuori dalla religione. La fede è la motivazione intima, profonda di un rapporto personale, inimitabile e irriproducibile tra la persona e Dio (indipendentemente dalla sua identità).
La religione è prodotto/frutto di un sistema umano, sociale e culturale che tenta di interpretare i rapporti tra la persona e Dio e cerca di strutturarli, metterli in funzione di un sistema prodotto culturalmente e storicamente. Ossia, un'insieme di norme, codici, precetti, gerarchie, forme di appartenenza chiara, di identità, che spesso minacciano la “fede”. Teoricamente, la religione dovrebbe essere uno spazio che alimenta e sostiene la fede, ma spessissimo la nega!Ho cercato di fare questa introduzione anche se un po' semplicista perché il vangelo odierno smaschera il facile abbinamento fede-religione.
Gesù è interpellato dai suoi discepoli perché si manifesti e “giudichi” un anonimo che stava curando utilizzando il suo nome. Essi volevano che glielo impedisse poiché non “apparteneva al gruppo di Gesù”. Ossia, non aveva una identità legata al gruppo, quantunque riproducesse, fuori dal gruppo, gli stessi segni di Gesù. Gesù, saggiamente, si colloca al di sopra di questi criteri di appartenenza formale e rafforza altri criteri, principalmente il criterio del giusto agire (orto-prassi), indipendentemente dai criteri formali di identità: “Chi non è contro noi è con noi. Non c'è nessuno che faccia ciò (agire bene) e subito dopo parli male di me e del mio modo di fare”. A partire da questa affermazione Gesù lascia chiaro che cosa è per lui la vera religione, quella che può e deve alimentare la fede, ossia il “retto agire”.
Gesù, infatti, segue nel suo intento di smascheramento della falsa religione ampliando e specificando maggiormente cosa tutto ciò può significare la pratica della vera fede indipendentemente dall'appartenenza formale a un gruppo o religione: chiunque, infatti, darà un bicchiere d'acqua da bere a un discepolo di Gesù, nel suo nome (e non motivato da precetti religiosi) - ossia chi agisce mosso dalla pura compassione e dalla carità, - avrà la sua ricompensa. Al contrario, coloro che “scandalizzano”, ossia, che sono di inciampo ai “piccoli” (in senso sociale) che agiscono rettamente, curano, guariscono, fanno segni sorprendenti nel nome di Gesù, pur non appartenendo al suo gruppo, sarebbe meglio che rinuncino al loro progetto di vita, si ritirino.
Coloro che usano tutti mezzi a loro disposizione (braccia, piedi, mani, occhi....) per impedire (scandalo) a tutti coloro che cercano di curare e guarire le ferite del corpo e dello spirito, come Gesù faceva, dovranno fare una radicale purificazione estirpando dentro di loro tutto ciò che “scandalizza”, impedisce il crescere della vita, del bene, del giusto agire! Estirpare e potare radicalmente le cause dello scandalo sono condizioni indispensabili per poter accedere all'imminente regalità di Dio.
E' preferibile, infatti, passare per un processo di dolorosa purificazione e di conversione radicale al nuovo che Dio sta preparando, che essere esclusi dal suo accesso e partecipazione. La loro esclusione significherebbe morte, infelicità e mancanza di speranza.
P.S. Peço desculpa aos amigos de lingua portuguesa por ter escrito em italiano, mas o teclado italiano è pobre na simbologia gràfica.....

Nenhum comentário: