sábado, 31 de outubro de 2009

Praticare le beatitudini del Regno: il vero criterio per la santità

Giorno di tutti i santi. Non è il giorno di coloro il cui nome non si trova nei calendari e le cui immagini sono venerate da miriadi di persone. Non è il giorno di coloro la cui fede non è stata pubblicizzata e, perciò, non riconosciuta ufficialmente dalla chiesa. Non è il giorno di quanti non sono mai stati invocati come intercessori per ottenere grazie e segni prodigiosi. Oggi celebriamo il giorno di coloro che, magari sconosciuti dal grande pubblico e dagli ambienti ecclesiastici, hanno vissuto o vivono nel quotidiano della storia le beatitudini evangeliche. Nell'anonimato, nei piccoli gesti, nel servizio gratuito, nella dedicazione agli altri, nella testimonianza disarmante.

Per provare che quanto stiamo dicendo è profondamente coerente, la liturgia odierna ci propone letture bibliche adeguate ad illustrare il “vero concetto di santità” che il proprio Gesù di Nazareth aveva. Le beatitudini appaiono come l'unico vero criterio per riconoscere la santità di una persona. In esse non appare la necessità del grande segno-miracolo-prodigio, nemmeno i necessari e logoranti processi ecclesiastici per elaborare lunghe liste e prove irrefutabili di virtù eccezionali, angeliche, quasi divine, ma semplicemente la capacità di mettersi al servizio del Regno-nuova umanità.

Le beatitudini riflettono non un discorso circostanziale pronunciato da Gesù su una alta montagna qualsiasi, ma manifestano ciò che ha dato senso alla sua vita intera, alla sua missione come uomo e profeta. Manifestano l'insieme della sua predicazione, del suo messaggio e della sua coscienza. Il tutto assunto come “principio di vita”, come vera norma, come diritto-dovere, come lo furono i “comandamenti” dati da Dio a Mosè e al popolo di Israele sul monte Sinai. In pratica, santi e sante, sono tutti coloro che cercano di riprodurre nel loro quotidiano scelte, attitudini, opzioni, valori che contribuiscono a fare crescere il regno del diritto alla vita e alla dignità.

Per questo Gesù riconosce che i ”poveri nello spirito” possiedono già fin da adesso il regno di Dio, poiché da un lato essi sono coloro che maggiormente necessitano di ottenere vita e dignità, e dall'altra sono i preferiti per costruire per se stessi e per gli altri poveri-umiliati-oppressi la vita e la dignità che le son negate. Santo e santa sono coloro che “svuotandosi” di stessi, delle loro ambizioni, borie, privilegi, ricchezze che producono dipendenza e idolatria, si mettono al servizio di coloro che “non contano”, che non possiedono, che sono stati “svuotati e impoveriti” della loro voglia di vivere, della loro speranza, della loro dignità, ma anche da quei beni necessari per vivere.

Gesù riconosce come santi e sante coloro che assumono come principio di vita non la violenza, la sopraffazione, la prepotenza, l'arroganza, come il mondo vuol farci adottare, ma la capacità di dialogare, di costruire assieme, di collaborare, di tessere insieme relazioni di giustizia, di onestà, di pace, di condivisione, le sole virtù capaci di far ottenere la “terra promessa”, la terra dell'abbondanza per tutti, la terra dove scorre pace, giustizia e dignità. Solo in queste condizioni si potrà ”vedere Dio”, riconoscere la sua presenza che continua a “creare nuovi cieli e nuove terre” nel cuore e nella vita dei sui figli e figlie. Per questo, santi e sante, sono coloro che cercano di mettere in pratica il diritto per costruire giustizia, per garantire terra e felicità per tutti, per completare ciò che manca all'opera creativa di Dio.
Santi e sante sono, infine, tutti coloro che non si preoccupano di salvare la loro pelle ma la pelle e la vita di coloro che ce l'hanno continuamente a rischio. Beati e santi sono coloro che affrontano a testa alta, con audacia, senza timore, le persecuzioni e i tribunali dei benpensanti, dei privilegiati arroganti, di coloro che si mettono al posto di Dio per giudicare e condannare il giusto, il povero, l'indifeso. Santi sono coloro la cui testimonianza (martirio) molte volte non è capita e accettata non solo dai tribunali ecclesiastici, ma anche dai propri “testimoniati” per i quali spesse volte questi santi-beati hanno “perso la faccia”. Beati sono loro, perché Dio - e non gli uomini, - si manifesta e agisce per mezzo di essi e attraverso la loro testimonianza continua a salvare, a redimere, a realizzare vita in pienezza.
A coloro che non sono mai stati invocati come intercessori e mediatori negli altari dei grandi santuari, ai beati e santi, anonimi ma reali, la mia eterna venerazione e devozione!

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